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Contenuti open access e qualità dell’informazione online

Eleonora Pantò

Torinese, dal 2000 lavora al CSP centro di ricerca per l’ innovazione sostenibile dove si occupa di contenuti e media digitali. Esperta di progetti legati all’innovazione tecnologica di social computing, con particolare riferimento all’e-learning, alle comunità digitali e open source. Tra le prime sostenitrici del Movimento delle OER, i contenuti liberi per l’educazione. È direttore di Dschola, un’associazione di scuole superiori che si occupa dell’impatto delle tecnologie nella didattica ed è stata recentemente nominata presidente dell’associazione europea “Medea: Media and Learning” che promuove l’uso innovativo e creativo dei media nella didattica. Fra i suoi interesssi il citizen journalism (ha collaborato all’avvio della redazione italiana di Global Voices Online) e il marketing etico. Per saperne di più, seguite il suo blog o il suo canale twitter.

I modelli, i formati e le modalità dell’insegnamento in ambito scolastico e universitario sono in fase evolutiva. Si pensi all’esperienza americana di Coursera, startup della Silicon Valley a cui hanno aderito più di trenta università da tutto il mondo (tra queste, le prestigiose Stanford, Princeton, Berkeley) che fornisce corsi online a costo zero. O ancora all’esperienza di EdX, piattaforma promossa dal MIT di Boston assieme alla Harvard University, pensata per l’insegnamento a distanza attraverso lo studio interattivo. Quale sarà il futuro dell’educazione nell’era digitale e quanto sarà fondamentale rendere accessibili i materiali didattici per permettere ad un pubblico sempre più vasto la possibilità di avere un’istruzione più completa? Lo abbiamo chiesto ad Eleonora Pantò.

[D] Come esperta di OER come pensi che la circolazione di informazioni open access accreditate possa coniugarsi con le tante informazioni che “bombardano” l’utente della Rete, anche sui social media?

[R] Sovraccarico cognitivo, ruolo dei mediatori culturali e qualità dell’informazione online sono temi su cui da anni il dibattito è aperto e vede posizioni spesso contrapposte. Meglio Wikipedia o l’enciclopedia Britannica? Meglio il New York Times o Wikileaks?
L’elaborazione di grandi quantità di dati che ogni giorno sono raccolti e resi disponibili attraverso la rete, potranno addirittura modificare il metodo dell’analisi scientifica basato su ipotesi verificabili, come dichiara Chris Anderson nell’articolo The End of Theory: The Data Deluge Makes the Scientific Method Obsolete.
Nell’ultima conferenza Media and Learning Andrew Keen, uno dei keynote, ha affermato che nel futuro dell’educazione c’è l’alfabetizzazione sui dati (data literacy) e che anche l’alfabetizzazione mediale (media literacy) è ormai superata dai fatti.
Il confine fra professionisti e amatori è sempre più sfumato (vedi pro-am) e questo rende sempre più importante la gestione della (propria) reputazione online, che significa anche che le aziende, le organizzazioni, gli editori devono imparare a gestire in modo diverso il dialogo con i propri lettori, utenti, clienti.
Il successo dei MOOC, “corsi universitari massivi accessibili online” a tutti gratuitamente (per ora) è rapprensentativo di questo nuovo rapporto fra chi insegna e chi impara. Il fatto che ad offrirli siano consorzi fra le università più importanti e più accreditate al mondo (non in rete ma nella “real life” come si diceva 20 anni fa), significa che qualcosa sta davvero cambiando.

I MOOC non sono tutti uguali: alcuni sono molto strutturati (i più recenti organizzati da spin off universitari come Coursera o Udacity) mentre altri basati su un’offerta ampia di contenuti diversi su media e canali differenti, per offrire agli studenti un’esperienza personalizzabile e con un pizzico di “serendipità”.
I primi sembrano avere molto più successo: in un processo di apprendimento è più comune che le persone vogliano essere guidate attraverso un percorso prestabilito e alla fine vogliano avere, in forme diverse, la conferma e la certificazione di aver imparato: il prossimo passo è un’infrastruttura generalizzata per la gestione dei “bollini” acquisiti nei corsi (Mozilla sta lavorando a questa architettura).
L’idea di rendere accessibili i materiali didattici era proprio alla base dell’offrire a un pubblico sempre più vasto la possibilità di avere un’educazione: in questi anni si è ragionato e discusso molto sulla qualità delle OER. Al momento è in corso una discussione moderata dall’UNESCO che coinvolge più di 900 esperti per creare una mappa mondiale delle OER: un ulteriore strumento messo a disposizione di chi vuole orientarsi in rete per trovare contenuti didattici validi.

Il logo dell'Open Educational Resources[D] Cosa significa per te innovare e quali sono i principali requisiti per poterlo fare oggi negli ambienti universitari Italiani?

[R] Innovare per me significa proporre soluzioni creative intercettando bisogni ancora non completamente delineati: il primo passo dovrebbe essere quello di aprirsi di più all’estero, attraendo studenti da tutto il mondo, offrendo servizi online, federandosi e collaborando fra diverse università italiane.

[D] Come è cambiato il mondo della Formazione nell’era del Web 2.0?

[R] Oggi ci sono tantissime opportunità per la formazione attraverso la rete: manca tuttavia la capacità di riconoscere e valutare i nuovi saperi.

[D] In un momento di costante evoluzione delle modalità di apprendimento e di circolazione dei contenuti scientifici, quale dovrebbe essere il percorso formativo auspicabile per un giovane?

[R] Cominciare dalla conoscenza delle lingue straniere a partire dall’inglese: chiave indispensabile per aprirsi al mondo e cogliere opportunità di conoscenza prima e di lavoro poi. È dimostrato che la laurea offre opportunità lavorative migliori: non arrendersi, seguire le proprie passioni e, se capita, anche partire.

[D] Nell’attuale contesto di crisi economica europea, in che modo la scelta del percorso formativo incide sull’ingresso nel mondo del lavoro?

[R] Ci sono studi e statistiche che indicano quali sono le lauree che danno un maggiore indice di successo per il lavoro: credo che i ragazzi di oggi siano molto realisti e (purtroppo?) privi di illusioni. Credo che non possiamo chiedere a tutti di diventare ingegneri o operatori di borsa.
Le competenze acquisite negli studi possono essere applicate in modo innovativo in contesti diversi: c’è ampio spazio per le lauree umanistiche, a patto che siano accompagnate dalle “literacy” a cui accennavo all’inizio.

[D] “Internet è uno strumento, sono gli utenti che decidono come utilizzarlo”: progetti come YouLaurea nascono all’insegna della condivisione e della circolazione libera di informazioni, fondamentale per orientarsi e per produrre contenuti, cosa ne pensi?

[R] Tutto il bene possibile. Prossimo obietttivo: versione internazionale?

 

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